Su mille tumori che ogni giorno vengono diagnosticati nel nostro Paese, circa il 40 per cento potrebbe essere rilevato in modo precoce: potrebbe, cioè, essere individuato prima che si palesi dal punto di vista clinico. Al momento non ci sono esami di screening che possano essere considerati efficaci per tutti i tumori, ma tra le patologie che possono essere identificate in anticipo c’è il tumore dell’endometrio.
Per lo screening si fa riferimento all’ecografia transvaginale, che deve essere eseguito una volta ogni 3 anni da tutte le donne che hanno più di 25 anni, e fino ai 64 anni. In questo intervallo di tempo (3 anni, appunto) è ritenuto poco probabile lo sviluppo di un tumore.
L’ecografia transvaginale
L’ecografia pelvica transvaginale, che viene effettuata dal medico radiologo, è in grado di rilevare eventuali anomalie dell’endometrio, ovvero la mucosa che riveste la cavità interna dell’utero. Nel caso in cui esso non presenti le caratteristiche tipiche della menopausa o della fase ì mestruale in cui la paziente si trova, è opportuno effettuare ulteriori esami diagnostici, come la sonoisterografia e la isteroscopia.
Un nuovo test di screening per il Ca del collo dell’utero
Nel corso degli ultimi tempi per la prevenzione dei tumori del collo dell’utero è stata prevista l’adozione di un test di screening nuovo: si è verificato, infatti, che per l’evoluzione del cancro della cervice uterina gioca un ruolo di primo piano il virus HPV (o, per essere più precisi, alcuni tipi di questo virus, considerati a rischio elevato). Proprio per questo motivo, il test di screening più recente prevede, in seguito a un prelievo paragonabile a quello che viene eseguito per il pap-test, la ricerca dell’infezione da HPV.
A differenza del pap-test, questo esame va effettuato una volta ogni 5 anni dal 30esimo anno in poi. Solo nel caso in cui l’esito del test HPV sia positivo, la donna sarà tenuta a eseguire un pap-test. Qualora anche il pap-test risultasse positivo, poi, si passerebbe a una colposcopia; viceversa, in caso di mancanza di alterazioni significative della citologia, il test HPV andrebbe ripetuto dopo un anno.
La colposcopia, lo ricordiamo, consente di osservare, attraverso uno strumento specifico denominato colposcopio, la cervice uterina in modo da verificare l’esistenza di lesioni di carattere tumorale ed eventualmente le loro dimensioni.
Che cosa si deve fare quando il pap-test è positivo
Se il pap-test è positivo vuol dire che l’analisi al microscopio ha messo in evidenza che ci sono delle cellule che hanno caratteristiche tumorali o pre-tumorali. A questo punto devono essere effettuati degli esami di approfondimento, ed eventualmente una biopsia. Quest’ultima consiste in un prelievo di una parte di tessuto: tale porzione viene analizzata, così che si possa comprendere quali sono le precise caratteristiche della lesione che si sta valutando.
Pap-test o test HPV?
Da quanto si è appena visto, comunque, non si deve dedurre che il pap-test sia un esame superato per la prevenzione dei tumori del collo dell’utero. Al contrario, continua a rappresentare il test di riferimento per le donne di età compresa tra i 25 e i 35 anni, per il semplice motivo che in giovane età è molto probabile che si abbia una infezione da HPV che non riveste alcuna importanza dal punto di vista clinico.
Lo screening e i sintomi
Purtroppo all’inizio il tumore del collo dell’utero non dà origine a sintomi riconoscibili: qualora si manifestino, è molto probabile che siano dovuti a malattie che non sono correlate al tumore. Tuttavia, è necessario identificare come un potenziale campanello d’allarme una anomala perdita di sangue, soprattutto se in menopausa o in seguito a un rapporto sessuale. Altri segnali sospetti che richiedono un approfondimento sono la comparsa di dolore in occasione dei rapporti sessuali e le frequenti perdite vaginali, anche se in assenza di sangue.
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