La Tac cone beam nel corso degli ultimi anni ha acquistato un'importanza sempre più elevata per la programmazione del trattamento dell'implantologia, ma anche per l'ortodonzia e per l'endodonzia. La storia di questo sistema è prettamente italiana. Il primo modello risale al 1996: si trattava del New Tom 9000. Il gruppo di ricerca che ha inventato la cone beam era composto da Giordano Ronca, Piero Mozzo, Daniele Godi e Attilio Tacconi.
I precedenti nel secolo scorso
Già dagli anni '60 del secolo scorso erano state introdotte le radiografie panoramiche, che avevano conosciuto una diffusione decisamente veloce e che consentivano ai clinici di avere le diverse strutture maxillofacciali in una sola immagine. Tale tecnica diagnostica aveva rappresentato lo standard di riferimento per diversi anni nel settore della radiologia odontoiatrica.
Il primo prototipo di tomografo computerizzato risale al 1967 e fu opera di un ingegnere della Emi, Godfrey Hounsfield, che alla fine degli anni '70 avrebbe addirittura vinto il Nobel per la medicina. Nel 1972 su lanciato in commercio il primo tomografo assiale computerizzato, che conobbe nuove generazioni negli anni successivi.
Il fascio radiante di forma conica
La ricerca, intanto, si focalizzava sulla messa a punto di sistemi equiparabili e muniti di un fascio radiante di forma conica (nei tomografi TC, invece, il fascio era a pennello): questo era il punto di partenza della tomografia cone beam.
La risoluzione di contrasto e spaziale era la prima questione da affrontare, e fu solo nel 1982 che per la prima volta fu introdotto nella pratica clinica un tomografo cone beam, che era stato realizzato per le angiografie. Una decina di anni più tardi furono attuati i primi esperimenti per la pianificazione della radioterapia.
Il ruolo degli italiani
Anche se negli anni '90 la tecnologia cone beam era protagonista di una rapida evoluzione e veniva adottata in una vasta varietà di ambiti clinici, non era stato ancora compreso del tutto il suo ricco potenziale. Furono i ricercatori italiani del dipartimento di radiologia e del dipartimento di fisica medica del Policlinico Universitario G. B. Rossi di Verona a imprimere una netta accelerazione da questo punto di vista, suggerendo di adottare la cone beam in ambito maxillo facciale.
I loro studi sono stati pubblicati nel 1998, e sin dal primo momento l'immissione sul mercato della Tac cone beam ha ottenuti riscontri positivi, non solo per i costi più ridotti rispetto a quelli imposti dagli scanner tomografici TAC tradizionali, ma anche per gli ingombri limitati.
Il successo
Con il trascorrere degli anni, poi, lo sviluppo tecnologico ha permesso di apportare migliorie via via più consistenti, complice la disponibilità crescente di detettori flat panel contraddistinti da un livello di efficienza più elevato. La possibilità di ottenere una risoluzione spaziale elevata e la riduzione delle dosi di radiazioni somministrate ai pazienti hanno contribuito ai feedback positivi.
Nel 2000, il dispositivo italiano ha ricevuto, negli Stati Uniti, l'approvazione per l'uso in odontoiatria da parte della Fda, la Food and Drug Administration, e così nel 2001 gli apparecchi introdotti nel mercato americano hanno iniziato a costituire lo standard di riferimento.
La Tac cone beam oggi
Al giorno d'oggi la Tac cone beam, grazie alle sue caratteristiche, è la prima scelta per l'imaging maxillo facciale, ma viene adoperata anche per lo studio dei seni paranasali e dell’orecchio medio.
Sono in fase di sviluppo, per altro, nuovi dispositivi di imaging 3D che fanno riferimento a questa tecnologia, per esempio per lo studio dell'orecchio interno. La ridotta suscettibilità agli artefatti metallici differenzia la cone beam rispetto alla Tac tradizionale, ed è per questo che essa verrà usata anche per la radiologia veterinaria e per gli interventi di impianto cocleare.
... e la Tac cone beam domani
In un futuro non molto lontano, la Tac cone beam sarà integrata con sistemi di chirurgia guidata con le immagini per il trattamento di rinosinusiti croniche e di sinusiti ricorrenti che avranno bisogno di interventi di chirurgia endoscopica funzionale dei seni paranasali. La notevole definizione delle immagini e i contrasti tra aree anatomiche che presentano densità strutturali differenti faranno sì che tale tecnologia si espanda in misura sempre più consistente in nuovi ambiti.
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