Le nuove linee guida che sono state divulgate dall'American Society of Breast Surgeons impongono una piccola rivoluzione nell'ambito della lotta al tumore del seno. In base a queste indicazioni, infatti, la maggior parte delle donne già a 40 anni dovrebbe sottoporsi a una mammografia. Ma non è tutto, perché tra coloro che hanno a che fare con fattori di rischio l'età in cui eseguire i primi screening dovrebbe scendere addirittura a 30 anni. L'istituto statunitense, inoltre, ha messo in evidenza la necessità di puntare soprattutto sulla mammografia 3D.
Che cosa cambia
Pat Whitworth, co-presidente del gruppo che si è occupato di stilare il report in cui sono contenute le indicazioni appena viste, ha messo in evidenza che in qualsiasi caso non si può prescindere dalla valutazione del rischio: è ovvio, infatti, che le donne che presentano un rischio più elevato rispetto alla media non possono seguire le stesse raccomandazioni previste per le altre. Non ci si può permettere, insomma, di lasciarsi scappare una precoce identificazione del tumore, ed è essenziale fare di tutto per contrastare la sua insorgenza. La mammografia con cadenza annuale dovrebbe iniziare dai 40 anni, quindi, non per tutte le donne, ma solo per quelle che hanno un rischio medio di ammalarsi di tumore al seno.
Le raccomandazioni che provengono dall'America
Sin dai 25 anni di età si dovrebbe cominciare a pensare alla valutazione del rischio, con una prima visita presso un senologo, cioè un medico chirurgo specialista in ginecologia o radiologia o anche un chirurgo con esperienza specifica in senologia, per eseguire una visita clinica ed una ecografia. Stando a quanto suggerito dal report, è indispensabile valutare la storia familiare della donna in relazione ai tumori maligni e verificare la sua predisposizione per carcinoma lobulare in situ o iperplasia atipica. Occorre, inoltre, verificare se la paziente, tra i 10 e i 30 anni di età, ha effettuato una radioterapia di campo a mantello o una radioterapia al petto (per altre patologie neoplastiche). Tutte queste circostanze contribuiscono a definire il rischio di tumore al seno come più alto rispetto alla norma.
Come si deve svolgere la mammografia
Alle donne con un rischio di cancro nella media è raccomandata una mammografia ogni anno, già dai 40 anni, meglio se effettuata tramite la tecnologia 3D. Il report, inoltre, suggerisce di procedere a un ulteriore esame di imaging nel caso in cui venga riscontrata una densità particolare della mammella. Ma quali sono gli elementi che permettono di distinguere un rischio nella media da uno o più elevato? Oltre ai fattori di rischio elencati poco sopra, c'è da tenere in considerazione un rischio stimato superiore al 20% sulla base di quanto segnalato dai modelli di valutazione del rischio.
Come si devono comportare le donne a rischio
Per le donne con rischio più alto, si suggerisce già dai 25 anni una risonanza magnetica con MdC da eseguire una volta all'anno, o in alternativa dai 30 anni una mammografia in 3D con tomosintesi. Su indicazione medica, alle pazienti in questione dovrebbe essere permesso di accedere, dai 35 anni in poi, all'imaging supplementare con la risonanza magnetica o comunque una modalità aggiuntiva.
Le altre linee guida
L'American College of Radiology suggerisce uno screening mammografico all'anno già a partire dai 40 anni nel caso di pazienti a rischio medio, mentre per le donne a rischio elevato tale procedura dovrebbe iniziare ancora prima e implicare uno screening ulteriore con risonanza magnetica con mezzo di contrasto; le stesse indicazioni provengono dalla Society for Breast Imaging. Per l'American Cancer Society, d'altro canto, le donne a rischio medio dovrebbero sottoporsi allo screening una volta all'anno tra i 45 e i 54 anni e una volta ogni due anni dopo i 55 anni. Come si può notare, quindi, istituti differenti forniscono raccomandazioni diverse. Sempre in America, per esempio, la US Preventive Services Task Force parla di uno screening ogni due anni tra i 50 e i 74 anni per le donne a rischio medio, fermo restando che non si può prescindere da un approccio personalizzato: solo in questo modo, tra l'altro, è possibile limitare il numero di falsi positivi e ottenere benefici concreti senza controindicazioni.
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